OPEN: Guido Regis, smart working e tennis

OPEN: Guido Regis, smart working e tennis

Un altro interessante contributo al dibattito sulle conseguenze dell’emergenza coronavirus, in particolare sulla programmazione sportiva e il tennis in tempi di smart working, ci viene offerto dal dottor Guido Regis, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Torino e dirigente medico Radiodiagnostica A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino – Presidio CTO.

Ecco il suo punto di vista:

Gentile Circolo,

            premetto che condivido completamente quanto scrive Pietro Garibaldi e promuovo da tempo l’utilizzo delle tecnologie che consentono lo smart working , dove possibile, anche nella mia professione, proprio con le stesse finalità virtuose ben sintetizzate nell’articolo.

            Non intendo aggiungere pertanto nulla sul tema, ed ho la speranza che i concetti di semplice intuizione espressi nel testo, grazie a questo “choc“, ma anche purtroppo alla consapevolezza che l’emergenza CoVid-19 non si esaurirà nell’arco di poche settimane, vengano condivisi dall’intera comunità e metabolizzati in fretta per modificare radicalmente alcuni modelli di lavoro, formazione e quant’altro nell’immediato futuro, con un importante beneficio collettivo.

            Il tema che intendo affrontare è invece un altro, ben più attinente a un importante circolo sportivo tennistico.

            Non è necessario essere un medico a questo punto per aver inteso quali siano i presidi da adottare per contenere la diffusione di questo virus, ma in generale per ridurre gran parte delle forme infettive a trasmissione aerea e da contatto.

            Tuttavia credo che il parere di un medico possa inevitabilmente avere un peso particolare.

            Dal momento che questa emergenza durerà a lungo e soprattutto ancora più a lungo avrà degli strascichi, al punto da far teorizzare in modo piuttosto diffuso nel mondo scientifico la prospettiva di dover programmare periodi di restrizione a singhiozzo “stop and go”, l’impatto sulle attività sportive sarà certamente molto forte.

            Credo sia opportuno analizzare la questione con un certo anticipo e anche in questo caso provare ad utilizzare l’effetto “choc” per dare una svolta anche al concetto di programmazione, che purtroppo negli ultimi anni, in molti settori, come quello sanitario, ambientale, industriale e ovviamente politico hanno lasciato a desiderare, costringendoci spesso ad essere impreparati di fronte ad eventi imprevisti per quanto prevedibili .

            Nel tennis e nello sport in genere la programmazione atletica e dei metodi di allenamento hanno fatto certamente passi notevoli, cercando di finalizzarli sia al mantenimento dell’integrità fisica degli atleti sia al raggiungimento di risultati individuali ottimali.

            Credo che dovremmo proprio imparare anche dallo sport per cambiare le nostre abitudini future.

            Vado al punto. Da anni mi impegno con l’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Torino, di cui sono Vice Presidente, nel promuovere due elementi essenziali per la prevenzione e cura delle malattie; l’attività fisica e la lotta all’inquinamento ambientale.

            Lo “smart working” è un metodo che favorisce, tra le altre cose, la riduzione dell’inquinamento ambientale ma certamente non può sopperire, se non in casi limitati ( ad es. allenamento individuale in casa con tutor per via telematica) all’impossibilità di esercitare gran parte delle attività sportive.

            In questi giorni tutti gli sport sono stati inevitabilmente penalizzati. La necessità di ridurre i contatti ravvicinati tra le persone era cogente e il rischio di contagio, soprattutto negli sport di squadra, è altissimo.

            Questo ha comportato un importante danno economico a tutte le attività che vivono di sport, ma ha determinato e determinerà, se non ci si programma in modo intelligente, oltre che un perpetrarsi del danno economico, anche un importante danno a tutta la popolazione sportiva agonista e non.

            L’emergenza e soprattutto la scarsa abitudine della popolazione, non solo italiana, a mantenere dei comportamenti virtuosi, seguendo le indicazioni in modo ferreo, hanno costretto le istituzioni a prendere decisioni drastiche e generali che, in un miglior contesto organizzativo e di cultura civica, credo si sarebbero potute evitare.

            Se per gli sport di squadra non si sarebbero potute e verosimilmente non si potranno anche nel prossimo futuro ottenere deroghe, gli sport individuali avrebbero potuto invece in qualche modo essere mantenuti se rimodulati.

            Faccio un banale esempio. Il jogging o la bicicletta, se praticati individualmente avendo cura di non utilizzare percorsi sovraffollati e soprattutto con la ferrea attenzione di non soffermarsi a chiacchierare con qualche conoscente incontrato per caso o volutamente, non rappresentano assolutamente un pericolo.

            Purtroppo la consapevolezza dell’esistenza di una carente educazione civica e disciplina in una parte della popolazione, hanno costretto le autorità a indire la restrizione anche di queste attività, con l’avvallo dei comitati tecnici scientifici e persino del presidente della FMSI Maurizio Casasco, penalizzando inevitabilmente chi avrebbe assolutamente seguito regole ed indicazioni.

            E’ tuttavia piuttosto intuitivo che in alcuni sport individuali e tra i primi il tennis, il rischio di contagio è assolutamente irrilevante, anche se si confrontano due atleti uno positivo asintomatico ed uno negativo.

            Lo stesso si può dire nel momento in cui un maestro allena un gruppo di massimo 4 allievi se si utilizzano due campi, ma volendo anche un solo campo. Il tutto a condizione che si rispettino in modo responsabile e rigido le semplici regole che conosciamo tra cui la distanza superiore a 1,80 mt fra gli atleti.

            Anche l’utilizzo degli spazi comuni come le docce e le aree di ristoro potrebbero essere consentite, semplicemente prevedendo un adattamento, dove possibile, o una vera e propria modifica strutturale degli accessi e dei percorsi, delle tempistiche di accesso alle strutture, turnazioni e distanze con personale dedicato al controllo del rispetto delle norme, esattamente come avviene nei supermercati o nelle mense aziendali.

            Io credo che questo tipo di vincoli alle Federazioni Sportive ed ai circoli verranno imposte comunque anche quando l’emergenza sarà finita, soprattutto in previsione di situazioni analoghe in futuro.

            Penso allora che la Federazione Italiana Tennis ed i circoli dovrebbero già iniziare a pensare in questo senso fin d’ora, prevedendo finanziamenti agevolati, protocolli, norme e tutto il necessario per sensibilizzare ed aiutare anche le più piccole realtà, mettendo nelle condizioni il mondo tennis di essere pronto nel giro di poco tempo, magari diventando il capo fila per molte altre discipline individuali come l’atletica, il nuoto, il ciclismo, la scherma, il canottaggio etc.

            Così agendo la FIT potrebbe a buon titolo proporre alle istituzioni persino un’apertura anticipata delle attività rispetto alla fine dell’emergenza, a maggior ragione se svolte sotto il suo controllo e responsabilità.

            Non ne ho ovviamente la certezza, ma credo che tutto ciò consentirebbe  proprio alla Federazione di domandare legittimamente a Ministero della Salute,  Ministero dello Sport, CONI e FMSI, di coordinarsi con lei nel produrre un modello che consenta la rapida riapertura delle attività sportive tennistiche compresi i tornei.

            Conoscendo abbastanza bene chi oggi dirige l’istituto superiore di sanità, il prof. Brusaferro, ho ragione di pensare che di fronte ad un progetto serio, ben organizzato ed avviato in questo senso, non avrebbe molti problemi a recepirlo.

            Quello che voglio dire è che la FIT non dovrebbe attendere passivamente i movimenti del mondo medico scientifico e della politica, ma anticiparli, programmandosi.  

            Nel mio piccolo ho in previsione insieme ad alcuni autorevoli colleghi, pur con non poche difficoltà facilmente deducibili, la stesura di un documento da sottoporre all’ISS, che induca per l’appunto ad una riflessione sul tema delle limitazioni all’attività sportiva anche in questa fase di emergenza, cercando proprio di sensibilizzare gli organismi istituzionali ad emanare norme che, nel rispetto anche delle evidenze scientifiche, sappiano distinguere fra attività ed attività, proponendo linee guida specifiche.

            Lo sport è troppo importante per la salute ed il benessere psicofisico di una popolazione e deve essere tutelato, anche e a maggior ragione in situazioni di emergenza sanitaria come questa.

            Va da sé che dare indicazioni corrette a chi poi non è preparato per recepirle, produce rallentamenti, cambi di direzione pericolosi e corto circuiti; in questi giorni lo si è visto molto bene.

            Un caro saluto.